Con l’insediamento dell’attuale governo si è assistito ad una sorta di impulso dell’ utilizzo delle metodologie digitali nel settore delle costruzioni così come dettato dal decreto 560/2018. attraverso l’inglobamento del suddetto e delle succesive modifiche (DL. 312/2021) nel nuovo codice dei contratti pubblici
Nel 560/2018 infatti, nella prima emanazione si assisteva ad un discostamento tra gli enunciati legislativi e l’unica base metodologica riscontrabile quale le Norme UNI 11337 elaborate dalla commissione uni italiana per il bim, laddove si faceva ancora largo uso della manualistica americana che ha costituito inizialmente l unica base metodologica applicata. Vedere pertanto il nuovo codice dei contratti pubblici avere un intero articolo (Art.43) dedicato alla metodologia digitale nel settore delle costruzioni e nello specifico un allegato quale l’allegato I.9 sugli strumenti operativi ed il loro utilizzo, allineato in pieno le procedure standardizzate e contenenti nelle norme UNI ed ISO 19650,ha fatto ben sperare che il processo di avvio alla digitalizzazione fosse praticamente traguardo prossimo.
In questa sede pertanto ci limitiamo ad esprimere semplici opinioni derivante dalla pratica quotidiana in ambito BIM senza necessariamente voler dettagliare l’entità del provvedimento che si ribadisce essere attualmente provvisorio. Si dà pertanto per scontato che siano note le modifiche di cui qua commentiamo le motivazioni. Al decreto con correttivo si accompagna una relazione tecnica che da motivazioni e spiegazioni sui provvedimenti ed i correttivi apportati.
In primo luogo, i punti su cui il decreto correttivo interviene sono tutti quanti sintomatici di ciò che nel mercato delle costruzioni si è registrato fin dall’emanazione del decreto cosiddetto Baratono 560/2018 al punto che tutti gli attori del settore dai progettisti ai responsabili di procedimento degli uffici tecnici, delle pubbliche amministrazioni, financo alle società di costruzioni capaci di rispondere ad appalti con metodologia digitale
Si è più volte infatti registrato illustrando tecnologie ed aspetti della metodologia bim che su procedure operative, strumenti software, e figure specialistiche, coinvolte ci sia tutt’oggi notevole confusione soprattutto tra chi evidentemente dovrebbe recepire ed emanare appalti secondo la metodologia digitale.
Era infatti opinione di molti operatori del settore che i tempi del decreto sia pur dettati a ben sette anni or sono, fossero eccessivamente stringenti, Come è noto l’obbligatorietà dovrebbe entrare in vigore tra un mese da quando stiamo scrivendo e porterebbe gli appalti pubblici per i lavori di notevole complessità tecnologica (come da dicitura completa nel Dlgs) escludendo quelli di recupero e manutenzione ordinaria, come appunto indica l’articolo 43 ad essere obbligatoriamente svolti in bim per qualsiasi classe di importo. Questo è un aspetto che ancora oggi obbliga a pesanti investimenti in termini di attrezzature formazioni competenze laddove limita notevolmente a un ristretto numero di operatori in grado di parteciparvi per curriculum ed esperienza.
RINVIO DELL ‘OBBLOGATORIETA’ PER ‘’ QUALSIASI CLASSE DI IMPORTO’’
Sulla base di queste considerazioni pertanto era quasi nell’area che questi tempi stringenti fossero dilatati ulteriormente ed appare pertanto coerente il provvedimento relativamente all’articolo 43 di alzare a decorrere dal prossimo Gennaio 2025, la soglia a 2 milioni di Euro ovvero alla soglia comunitaria, come già attualmente dovrebbe essere.Per quanto attiene alla soglia ed alla tipologia dei lavori a cui si applica obbligatoriamente l’utilizzo del BIM, interessante è il fatto che questo provvedimento sia stato motivato anche dall’aumento dei prezzi relative alle materie prime in uso nel settore delle opere edili.
LE METODOLOGIE DIGITALI NEL RECUPERO DEL PATRIMONIO STORICO
Altro grande ambito di criticità delle metodologie digitali è quello del restauro degli edifici storici noto come HBIM o historical BIM, proprio per l’impossibilità di tradurre in dati digitali informazioni complesse inerenti geometrie e manufatti di pregio storico, se non archeologico non riproducibili digitalmente. Già nella modifica del Dlgs 560/218, che portò ad una più organica enunciazione di metodologie e strumenti, da adottarsi nella progressiva transizione degli appalti pubblici al digitale, rappresentata dal DM 312/2021 si è visto comparire l’esclusione dalla gamma dei lavori di ‘particolare complessità tecnologica‘ legati al recupero dell’esistente e degli edifici storici . Nel correttivo di fa riferimento alla complessità della digitalizzazione delle informazioni relative ad edifici esistenti monumentali che potrebbe essere onerosa per le piccole e meno attrezzate stazioni appaltanti”
Altro cambiamento proposto sono proposito delle competenze specialistiche in ambito BIM di cui devono avvalersi le stazioni appaltanti pubbliche, affermando che
tali profili professionali vengano “individuati preferibilmente tra i dipendenti delle stazioni appaltanti anche a tempo determinato”. Laddove queste competenze sia ricercate esternamente e alle pubbliche amministrazioni, esse debbano già sussistere sia attraverso la formazione (e certificazione) che alla comprovata esperienza al momento della nomina.
Infine, anche tale circostanza derivante dai contenziosi cui si assiste negli appalti pubblici , l onere che questo aspetto comporta decade l’obbligo di predisporre l ‘ ACDAT cioè l’ambiente di condivisione dati per lo scambio di documenti ed elaborati già in fase di gara, prevedendone l‘obbligo solo per lo scambio dati, solo ad aggiudicazione avvenuta, dove la piattaforma collaborativa diventa indispensabile per flussi approvativi e prescrizioni operative.